La “Visita della vecchia signora” è una storia ambientata in una cittadina qualsiasi dell’Europa centrale, scritta da uno che non prende affatto le distanze dai suoi protagonisti e che non è poi tanto sicuro se si sarebbe comportato diversamente da loro.
Claire Zachanassian non impersona né la giustizia né il piano Marshall e tanto meno l’Apocalisse; è semplicemente quello che è: la donna più ricca del mondo,
che grazie al denaro può agire come un’eroina della tragedia greca,
assoluta, crudele: Medea mettiamo.
Se lo può permettere. La Signora non manca di senso dell’umorismo, perché verso la gente ha lo stesso distacco che si ha verso la merce; distaccata anche da se stessa, possiede poi una grazia singolare, un fascino malvagio. Ma a forza di muoversi al di fuori del consesso umano è diventata qualcosa di immutabile, di rigido senza possibilità
di sviluppo ulteriore, a meno di non pietrificarsi in idolo. È un’apparizione
poetica al pari del suo seguito.
Se l’impassibile Claire Zachanassian ha statura eroica fin dall’inizio, il suo anziano amante la deve acquistare. Lurido bottegaio, egli cade nelle grinfie di lei, ignaro.
Colpevole com’è, all’inizio egli crede che la vita abbia da sola cancellato tutte
le sue colpe. Un bruto insensibile, un semplicione nella cui mente, a poco a poco,
si fa strada un barlume di coscienza, attraverso la paura, il terrore...
Accanto ai protagonisti ci sono gli abitanti di Güllen, gente comune, come tutti noi. Non bisogna dar loro tratti malvagi, tutt’altro; dapprima sono decisi a respingere l’offerta;
se poi fanno debiti non è col proposito di uccidere Ill, ma per leggerezza, con l’idea
che tutto si arrangerà. È il processo per cui una comunità cede a poco a poco alla
tentazione, cedimento esemplare, ma che deve essere reso plausibile.
La tentazione è troppo grande, la povertà troppo dura.
La “Visita della vecchia signora” è una commedia cattiva: proprio per questo deve essere recitata non con cattiveria ma con la massima umanità; con tristezza, non con rabbia;
ma anche con umorismo, perché niente gioverebbe meno a questa commedia...
che una soverchia e arida serietà. Tratto dalla nota dell’autore ne :
«Lo scrittore nel tempo» Scritti su letteratura, teatro e cinema Edizione Einaudi, 1982 |